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43. Il futuro? Fossili e nucleare.

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13 ottobre 2014

nucleare morti inquinamento 1

Due recenti notizie dal mondo dell’energia in Europa.

La prima notizia è l’ok da parte della Commissione Europea ai sussidi stabiliti dal Governo britannico per permettere la costruzione dei due reattori previsti nella nuova centrale nucleare di Hinkley Point[1].

La storia in sintesi è questa: la Gran Bretagna produce il 18% della sua elettricità con 16 reattori  nucleari[2] ma gli impianti sono vecchi, sono vent’anni che il settore è fermo, quindi entro nove anni (2023) tutti, tranne uno, chiuderanno i battenti e vanno rimpiazzati con altri nuovi o con sistemi di generazione diversi. Il governo ha quindi approvato la costruzione di due nuovi reattori francesi di tipo EPR, li ricordate? Sono quelli che avremmo dovuto costruire anche in Italia ma che il referendum del 2011 ha cancellato. Si tratta dei reattori di maggior dimensione mai costruiti: 1.600 MW l’uno. Ma non sono tempi facili per il nucleare e nessuna impresa elettrica non statale si sognerebbe di imbarcarsi in una simile impresa perché non c’è garanzia di profittabilità negli attuali mercati elettrici dove non esiste garanzia che l’elettricità prodotta da una centrale sia acquistata.

 

EDF, l’impresa francese, per costruire la centrale ha quindi concordato col governo inglese un prezzo fisso garantito per 35 anni, si tratta di un contratto per differenza che garantisce stabilità di ricavi, il sogno di ogni imprenditore. La Commissione europea quando si tratta di aiuti di stato procede con un controllo, non perché si tratta di soldi di chi paga le tasse, ma più banalmente perché potrebbe ledere la concorrenza, ossia danneggiare qualche concorrente europeo.

Negli ultimi anni Bruxelles è sempre stata critica e, in particolare sulle rinnovabili, da tempo piovono tuoni e fulmini per spingere i governi ad eliminare i sussidi e a stimolare gli operatori a far sì che anche le rinnovabili giochino sul mercato senza stampelle. Nel novembre 2013 il commissario all’energia Oettinger (oggi uscente) aveva presentato una comunicazione che pareva un giro di vite su incentivi alle FER e capacity payment (incentivo al gas). La comunicazione recita che: “In alcuni casi molto specifici l’intervento pubblico può essere necessario per raggiungere gli obiettivi di politica energetica, ma deve essere ben bilanciato e tenere conto dei costi e delle distorsioni”.  Per le rinnovabili il testo sosteneva che il supporto finanziario deve essere limitato al minimo indispensabile per permettere a queste tecnologie di essere “gradualmente esposte ai prezzi di mercato fino ad arrivare alla completa cancellazione del supporto”.

In base a queste indicazioni ci si attendeva se non una bocciatura dei sussidi al nucleare, un loro ridimensionamento.

Il 7 ottobre invece il Vice presidente della Commissione Joaquin Almunia, ha annunciato che il progetto inglese ha il beneplacito dell’Europa. Quindi affare fatto per EDF che per ogni MW/h prodotto avrà un riconoscimento stabile di 92,5 sterline (117 euro), prezzo che andrà rivalutato e seguirà l’andamento dell’inflazione per 35 anni.

Orbene questo prezzo è circa il doppio del prezzo della borsa elettrica inglese, è persino il doppio del prezzo dei primi sette mesi del 2014 in Italia: 50 euro al MW7h! Inoltre il governo inglese si farà garante per tutti i debiti che l’operatore contrarrà sul mercato finanziario per reperire i fondi necessari alla costruzione, e saranno molti visto che il preventivo del 2012 di EDF era di 16 miliardi di sterline (20 miliardi di euro) ma lo stesso Almunia ha riferito che aggiungendo tutti i costi correlati (finanziamento e inflazione compresi), il preventivo è più del doppio: 34 miliardi di sterline (43 miliardi di euro).

Carina è la giustificazione a questo ok, si tratta di porre soluzione ad un fallimento di mercato, ossia siccome il fatidico mercato non finanzierebbe mai il progetto, ci vuole lo stato a sostenerlo altrimenti non si potrebbe fare e va fatto poiché secondo il governo britannico è essenziale per garantire energia elettrica al paese.

Ultima nota: quanti EPR sono in funzione oggi? Zero, il primo impianto in costruzione in Finlandia, quindi non in un paese noto per le sue inefficienze, doveva essere inaugurato nel 2009, di ritardo in ritardo la data di avvio è al momento prevista per il 2018[3] (non è un errore di digitazione è proprio il duemiladiciotto): un reattore che i francesi di Areva (insieme a Siemens) avevano venduto come costruibile in 48 mesi al costo di tre miliardi di euro. Dei costi attuali ormai non se ne parla più, costruttori e utility finlandese (TVO), sono da tempo impegnati a livello legale, i primi chiedono 1,9 miliardi di danni (poiché avevano venduto il reattore a un prezzo fisso), TVO ribatte chiedendone 1,7.
 
Se vuoi leggere anche la seconda notizia, il testo completo è disponibile quì

Roberto Meregalli
Beati i costruttori di pace
Energia Felice

   

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