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07. Viva la Francia (nucleare ed acqua)

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10 giugno 2011

Viva la Francia

In queste settimane di incontri, c’è un argomento che spesso mi è stato chiesto: ma se abbiamo centrali per una potenza installata pari a circa 110 mila MW e una richiesta di punta (ovvero la massima richiesta durante l’anno dal Paese) intorno ai 55 mila MW perché mai importiamo energia elettrica dalla Francia? E molti sostenitori del nucleare mi hanno sempre ribattuto che è poco coerente dire no all’atomo n casa nostra e poi importare energia elettrica dall’estero prodotta in tal modo.

 Dunque riguardo a questa seconda critica, penso che se si voglia l’autarchia nella generazione elettrica lo si dica chiaro, personalmente la trovo ridicola in un mondo globalizzato dove gran parte della merce che consumiamo viene prodotta all’estero. Per coerenza dovremmo tornare a costruire computer in Italia, cellulari, televisori eccetera eccetera. Dovremmo riappropriarci delle emissioni climalteranti che non emettiamo più come Paese e facciamo emettere dai “paesi manifatturieri del mondo”, Cina in primis.

Riguardo al primo punto, chi parla ignora che in Italia esiste un mercato elettrico, che ogni mattino alle ore nove si chiude quello chiamato “del giorno dopo” in cui viene determinato il PUN il prezzo medio dell’energia elettrica all’ingrosso, quello stabilito questa mattina ad esempio è di 65,83 euro al MWh e in borsa sono stati “offerti” 535.574 MWh, cui si aggiungono alti 364.646 sulla piattaforma PCE (la piattaforma su cui si registrano i contratti bilaterali), in totale ne sono stati accettati 900.008, sono rimasti invenduti (e quindi domani non produrranno) 660.960 Mwh. Dall’estero sono arrivate offerte in borsa pari a 92.214 MWh (36.82 fuori borsa). Le offerte vengono accettate dal gestore del mercato Elettrico in ordine di convenienza sino a che l’offerta raggiunge la domanda prevista e viene stabilito il prezzo di equilibrio corrispondente al costo “marginale”[1] dichiarato dall’ultimo impianto ammesso alla vendita; detto in altri termini, il prezzo di mercato è quello dell’offerta dell’impianto più costoso accettato in quell’ora.

Non esiste nessuno che decide di importare dall’estero, è il sistema che permette che offerte “estere” se convenienti siano accettate, pertanto per prima cosa non importiamo corrente a “caro prezzo” ma al contrario perché risulta più convenienti in alcuni orari (la notte) della produzione nazionale e, secondo punto, se si vuole evitare di importare dall’estero non occorre costruire centrali atomiche, importeremmo comunque, occorre cambiare il sistema delle regole del mercato elettrico. Sono gradite proposte al riguardo.

Ultima nota: non siamo un caso anomalo, anzi il futuro su cui tutti i gestori europei stanno puntando è quello di una maggiore integrazione; la tanto citata Francia esporta sì, ma importa pure e non lo fa negli orari “morti” in cui l’energia elettrica costa poco ma in quelli di punta perché la sua potenza atomica la rende vulnerabile nei momenti di picco della domanda (per la chiara scarsa flessibilità della generazione nucleare). Per non essere vago nel 2010 ha importato 37,1 miliardi di kWh (dato Rte.fr) 1,2 dal nostro Paese, poi da Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Svizzera e soprattutto dalla Germania (16,1 miliardi di kWh), il suo principale fornitore ed infatti la decisione tedesca di abbandonare il nucleare ha messo in allarme i gestori francesi che sanno di essere vulnerabili in particolare periodi come quello estivo quando in caso di forte aumento delle temperature, molti reattori (quelli costruiti lungo i fiumi) vanno spenti per indisponibilità di acqua (in questi giorni RFE ha segnalato che in caso di emergenza caldo questa estate la Francia dovrà importare la produzione equivalente a 8.000 MW di potenza installata).

E visto che stiamo parlando di Francia e di acqua chiudiamo con una notizia che arriva da Bordeaux (Les Echos 10 giugno 2011), dove Lyonnaise des Eaux potrebbe perdere un suo storico contratto (è il suo principale) perché Vincent Feltesse, presidente della comunità urbana ha annunciato l’intenzione di passare ad una gestione pubblica dell’acqua. Il passaggio sarà graduale poiché sono in vigore due contratti distinti, il primo relativo alla depurazione che scade l’anno prossimo, il secondo relativo alla distribuzione, che scade nel 2012.

Roberto Meregalli Beati i costruttori di pace 

Comitato Energia Felice

   

Energie  

   

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